"LA
CITTà DEI DETRITI", Di Giovanni Monasteri |
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Tino
Sanalitro non cessa di stupirci. E' con una sorta di furore creativo che,
nella sua nuova esposizione-installazione alla Commenda dei Cavalieri
di MALTA, l'artista ha radunato materiali e oggetti tra i più
disparati: da manipolare, riscoprire, ri-significare. Manufatti smessi
della civiltà contadina, paccottiglia, ninnoli, giocattoli rotti
e quant'altro di effimero invade le nostre case e riempie le discariche:
niente è abbastanza ignobile o troppo nobile per la perfetta, algida,
ordinata e multiforme città dei detriti, che il
lunare architetto, seguendo un suo lucido progetto, con infinita pazienza
ha costruito. Una colata di candido gesso pietrifica, purifica, riscatta
e omologa ogni cosa. Ed ecco i busti e i sauri di gesso, talvolta dai
profili netti, talaltra simili a larve che cercano faticosamente una forma.
E le "statue" sbeccate i cui occhi sembrano cuciti più
che vuoti. Le attonite citazioni di una classicità anch'essa omologata
e mercificata. Colonnati e strani palazzi di polistirolo e di cartone
(ma il materiale può essere indovinato dalla forma, che spesso
rimane riconoscibile). La statua mutilata dal tempo accanto al manichino
nato senza braccia. Membra avanzate da un pasto cannibalico e navigli
sul capo di eroi di pietra. Ibridazioni chimeriche, oggetti “fuori
posto” e assurde contiguità, come dopo un naufragio su una
spiaggia solitaria, o a causa di una prodigiosa bassa marea che restituisce
cose perdute da secoli. Ma una mano sapiente, a sfida del Kaos,
ha ordinato i detriti innumerevoli come su un'invisibile scacchiera, o
lungo un reticolo di strade che esse delimitano. Nuovo e pietoso demiurgo,
l'artista trae fuori dal gorgo dell'oblio insospettate architetture; eppure,
eccoli là, sono oggetti consueti, quelli che popolano i nostri
opachi paradisi consumistici. Oggetti e ancora oggetti, candidi simulacri
di se stessi, ora integri come fossili madreperlacei, ora pietosamente
mutilati. Sono monumenti e al tempo stesso abitatori della città
dei detriti. Un bianco marmoreo, come di tombe in un fantasioso
cimitero, blocca la corrosione sempre più rapida che sgretola gli
effimeri smalti dei nostri feticci. |