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“Signuri mei, chista è la storia dillu bandito Turi Giuliano” ri-narrata da Cateno Sanalitro, con l'accompagnamento musicale e canoro di Cicciu Busacca.
Non si tratta di un'improvvisa conversione dell'artista, abile manipolatore di materiali, a una qualche forma di arte digitale variamente contaminata. L'opera si pone anzi in una linea di continuità rispetto alla produzione precedente. Già in vari dipinti e installazioni Sanalitro si era ispirato all'arte popolare siciliana, evocata in inserti e affettuose citazioni che denunciavano, a uno sguardo attento, un metodico lavoro di ricognizione storica; ma in “Salvatore Giuliano” il recupero delle tradizioni popolari è presente in maniera più marcata che nella produzione precedente. L'opera è infatti un esplicito, appassionato omaggio all'arte dei cantastorie siciliani, un'arte che è figurativa e narrativa insieme. L'operazione di Sanalitro è figurativa in senso tradizionale, nonostante l’uso del computer e malgrado sembri prefigurare nuove direzioni di ricerca. Il pittore si ispira ai cartelloni (i tabilluni) dei cantastorie girovaghi che ancora qualche decennio fa si esibivano nelle piazze dei paesi Siciliani. I tabilluni dei cantastorie raffiguravano, in pochi riquadri dipinti a mano, i momenti salienti della vicenda raccontata, anzi cantata dal cantastorie, con l'accompagnamento di una chitarra. I riquadri non erano, di solito, più di una ventina, mentre Sanalitro riproduce centinaia di tavole la storia “dillu banditu Turi Giulianu”, così come fu composta e cantata da Ciccio Busacca. L’artista, infatti, racconta varie storie che si sovrappongono e s’intersecano, non solo la storia presa in prestito da Busacca. Sanalitro non compie una semplice
operazione di ricognizione antropologica: le tavole in cui il racconto
si articola, cioè quelle strettamente funzionali alla narrazione,
sono inframmezzate da una gran quantità di immagini estranee al
racconto popolare originario (racconto nel quale il bandito Giuliano veniva
presentato come un Robin Hood che ruba ai ricchi per donare ai poveri).
Tali immagini “fuori contesto” costituiscono una massiccia
e un po' dissacratoria addiction rispetto all'ingenua mitizzazione operata
dal cantastorie. Ecco allora scorrere sul monitor i ritratti fotografici
(più o meno elaborati al computer) di personaggi reali dell'epoca,
in vario modo coinvolti nella vicenda: Scelba, Pisciotta, lo stesso Giuliano;
e poi i manifesti elettorali del dopoguerra, scene tratte dal film di
Franceso Rosi su Salvatore Giuliano, immagini di repertorio, ecc. Al di
là del suo indubbio valore di ricerca espressiva, il “racconto”
di Cateno Sanalitro si propone, dunque, come un'originale ricostruzione
di noti avvenimenti storici del primo dopoguerra: il separatismo Siciliano,
le connivenze tra banditismo e politica, la strage di Portella della Ginestra.
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